COSA VUOL DIRE "FARE IL VOLONTARIO"

 

Dal romanzo di CLIVE CUSSLER “ SKELETON COSTA”
«Se non fossi il capitano della Oregon, che cosa vorresti essere?»
La domanda non li portava su un terreno pericoloso, così Juan le diede una risposta sincera. «Credo che farei il volontario sulle ambulanze.»
«Sul serio? E non il medico?»
«La maggior parte dei medici che conosco trattano i loro pazienti come una merce, qualcosa su cui devono lavorare se vogliono essere pagati prima di tornare sul campo da golf. E sono sostenuti da un esercito di infermieri e di tecnici e apparecchiature che valgono milioni di dollari. I volontari del soccorso sono una cosa diversa. Se ne vanno in giro in coppia e possono contare solo sul loro ingegno e su un equipaggiamento minimo. Devono fare le prime valutazioni, quelle critiche, e spesso compiono anche i primi interventi per cercare di salvare una vita. Sono lì per dirti che andrà tutto bene, e fare in modo che sia davvero così. E una volta che il paziente è arrivato in ospedale, svaniscono e basta. Niente gloria, nessuno che si senta una specie di dio in terra, nessuno che ti dica "wow dottore, lei mi ha salvato la vita". È gente che fa Il proprio lavoro e basta, un intervento dopo l'altro.»
«Mi piace», disse Sloane dopo un momento. «E hai proprio ragione. Un giorno in barca mio padre si fece un bruttissimo taglio a una gamba, chiamammo l'ambulanza via radio e fui io a riportare la barca in porto. Mi ricordo ancora il dottor Jankowski, quello  che gli ricucì la gamba in ospedale, ma non ho la più pallida idea di come si chiamasse il tipo che diede la prima sistemata alla ferita, ancora sul molo. Senza di lui papà probabilmente sarebbe morto dissanguato.»
«Eroi senza gloria», commentò Juan a bassa voce.

- avrò le capacità necessarie per riuscire ad aiutare gli altri?
- quale preparazione mi sarà richiesta?
- l’impegno che dovrò affrontare non sarà troppo gravoso?


Queste sono solo alcune delle domande che si pone chi decide di fare il volontario, di prestare gratuitamente la propria opera in una delle tante associazioni di solidarietà. Per svolgere questa attività non basta la buona volontà ma ci vogliono  requisiti psicologici idonei e sempre di più un’adeguata preparazione per fornire un aiuto esperto.
I dubbi degli aspiranti volontari sono legittimi e sono utili a consolidare le buone intenzioni che, a volte, possono essere dettate dall’impulso di agire e non da una cosciente razionalità.
Il nostro servizio, per essere efficace, richiede ordine, formazione, dedizione e un pizzico di incoscienza.

Queste le qualità necessarie al volontario:

  1. UMILTÀ: non si finisce mai di imparare. Iniziative arbitrarie creano confusione.
  2. COSTANZA: gli impegni assunti vanno mantenuti come se fosse un lavoro retribuito.
  3. PAZIENZA: l’obiettivo di recare sollievo ad uno sconosciuto richiede molto tempo.
  4. FANTASIA: per coinvolgere in maniera gradevole.
  5. DISPONIBILITÀ sia nell’organizzazione sia con le persone bisognose, senza strafare.
  6. COMPRENSIONE per i problemi dell’altro nel limite del possibile.

Quando lasciar perdere? Possono essere d’ostacolo:

  1. IMPULSIVITÀ: uno slancio eccessivo è destinato a ridimensionarsi rapidamente.
  2. MOTIVAZIONI FORTI: se reduci da esperienze traumatiche, meglio attendere almeno un anno prima di impegnarsi.
  3. CURIOSITÀ: se ciò che vi attira è solamente la novità del momento, è meglio lasciar perdere.
  4. INDISCREZIONE: non si aiuta per vantarsi o per raccontare i casi assistiti.
  5. OPPORTUNISMO: non si fa volontariato in attesa di tempi migliori o di un lavoro.
  6. CONFORMISMO: non si fa il volontario perché è di moda.

Queste sono le regole fondamentali per fare o per non fare il volontario; le porte sono aperte per chi vuole entrare in questa nostra grande famiglia.